Roberto Rampini
PASSACAGLIA
Un'interpretazione 'visiva'
in 22 Tavole
dell'omonimo brano per organo
di Johann Sebastian Bach
Johann Sebastian Bach (1685-1750)
Thema
L‘idea di interpretare “visivamente” la celeberrima Passacaglia per organo di Johann Sebastian Bach (1685-1750) risale al 1987: dopo aver realizzato con i colori acrilici alcuni dipinti in grande formato (100x70 cm.) abbandonai un poco a malincuore il progetto per motivi extra-artistici, convintissimo che in seguito non l’avrei mai più ripreso: ciò che invece si è verificato a più di dieci anni di distanza, pur con modalità differenti da quelle iniziali.
La scelta di operare in computer
grafica, non alterando affatto l’impostazione sostanzialmente tradizionale
dei miei procedimenti artistici, ha però velocizzato (e di molto) i tempi di
esecuzione: in poco più di un mese sono infatti riuscito a realizzare ciò che,
con le tecniche della pittura e della grafica convenzionale, avrei terminato
(tentando una stima decisamente ottimistica) in almeno un paio d’anni: un
vantaggio non proprio trascurabile!
Qualcuno potrà obiettare che i risultati sarebbero stati in questo secondo caso
qualitativamente superiori, e ciò forse è vero: sono però avvantaggiato dal
praticare uno stile nel quale la rappresentazione visiva dell’invenzione
“geometrico-coloristica” è un motivo di gran lunga più importante del tipo
di tecnica che mi permette di realizzarla (e dei suoi effetti squisitamente
“materici”).
Per un creativo come il sottoscritto che opera (non so se aggiungere, a questo punto, “per fortuna” o “purtroppo”) in diversi campi artistici, il tempo a disposizione non è mai abbastanza: quando mi dedico ad un particolare lavoro mi capita spesso di non riuscire a completare con calma un’idea che subito altre tre o quattro s’affacciano alla mente, impazienti di venire alla luce!
La decisione di utilizzare uno strumento versatile come il computer si è dunque rivelata, perlomeno in questo tipo di ricerca, una scelta “vincente”: non solo posso vedere concretizzati in poco tempo i miei laboriosi studi preparatori, ma ho in ogni momento la possibilità di rifinire ad libitum l’opera, sperimentando in alcuni casi (e senza eccessivo dispendio d’energie) diverse varianti dell’idea di base prima di scegliere la versione definitiva.
L’opportunità di realizzare inoltre a piacere e in vari formati multipli dell’opera, mi permette di superare sia gli “svantaggi” derivanti dall’“unicità” del quadro tradizionale (quel singolo, prezioso esemplare dal quale l’autore spesso fatica a staccarsene, soprattutto quand’esso è costato mesi, se non anni di lavoro), sia gli invalicabili limiti delle consuete tecniche grafiche.
La mia scelta creativa-interpretativa è caduta sulla Passacaglia per organo di Bach per ben tre motivi: innanzitutto perché il brano, essendo costituito da una serie di variazioni sopra un basso ostinato, contiene già nella sua formulazione stilistica due importanti “ingredienti” ben dosati: la ripetizione (in questo caso il tema della Passacaglia), e la varietà (le differenti formule ritmico-melodiche usate in ciascuna variazione).
In secondo luogo devo ammettere di essere molto affezionato al brano, che conoscevo ancor prima di intraprendere regolari studi musicali e che ho in seguito interpretato diverse volte in concerto.
In terzo ed ultimo luogo sono convinto che lavorando sulle opere di un “grande” come Bach ci sia sempre qualcosa da imparare e da scoprire: un’occasione in più per ricordare la sua opera, a quasi 250 anni dalla sua scomparsa.
Per finire vorrei sgombrare il campo da un equivoco di fondo nel quale sono caduti diversi artisti che prima di me si sono cimentati in imprese simili: personalmente ritengo che, al di là delle apparenti analogie di natura fisica riguardanti i fenomeni vibratori della luce e del suono, tante suggestive (quanto fantasiose) teorie che mettono in stretta relazione la pittura con la musica siano il frutto di evidenti forzature intellettuali, poggianti su “sistemi” artificiosamente costruiti e codificati dall’uomo appartenente ad una certa epoca e a una data cultura.
Con questa mia opera ho voluto invece perseguire un intento più circoscritto ma in definitiva più onesto e vero: trasformare in “oggetto estetico” non tanto i suoni (!?) di un brano di musica, ma l’oggetto funzionale cui questi fanno riferimento, vale a dire la partitura.
Non sono certo il primo (né l’ultimo) artista ad aver cercato di tradurre in elemento visivo un materiale di provenienza sonora: non pretendo dunque di essermi cimentato in qualcosa di particolarmente originale, benché sia consapevole di averlo fatto non solo con una competenza specifica che possiedo in entrambi i campi, ma anche con un insolito approccio di tipo “scientifico”: ognuna delle ventidue tavole proposte interpreta infatti in modo oggettivo e rigoroso delle regole soggettive di codificazione “estetica” scelte ogni volta entro una vasta gamma di combinazioni.
Mi auguro che la presente Passacaglia possa essere apprezzata non solo per le forme, i colori e la varietà delle soluzioni stilistiche adottate, ma anche per il sottofondo dell’omonimo brano (da me eseguito all’organo) al quale le tavole stesse s’ispirano: un autentico capolavoro composto da quel Genio della Musica che, a distanza di secoli, continua ancora a stimolare nei più svariati modi artisti di ogni estrazione.
Spero che la visione di queste tavole sia per tutti motivo di notevole “divertimento artistico”, simile a quello che io stesso ho provato nel realizzarle!
Roberto Rampini
Parma, 23 Dicembre 1998
Copertina del libretto 'Passacaglia' (versione ridotta e tascabile dell'omonimo Volume artistico da me realizzato in formato A4) che contiene la presentazione dell' Opera e dove spiego nei dettagli tutti i procedimenti ideati (e poi applicati) in ciascuna delle 22 tavole per 'tradurre' in forme e colori le corrispondenti 'variazioni' dell'omonimo brano bachiano.
Per scaricare gratuitamente il libretto (48 pagg. in formato .pdf) clicca qui: R.Rampini - Passacaglia.pdf (4Mb)
Thema Fugatum
Interpretare “visivamente” una partitura (pur composta da un musicista del calibro di Bach) non è impresa così semplice e automatica come qualcuno potrebbe supporre dopo aver dato un’occhiata alle ventidue tavole della Passacaglia: non basta cioè escogitare una serie di regole da applicare meccanicamente alla malcapitata partitura di turno con la certezza assoluta che, in ogni caso, salterà fuori qualcosa di artisticamente accettabile...
In primo luogo occorre avere un’appropriata conoscenza del linguaggio musicale al fine di non commettere le stesse ingenuità di quel pittore che, dopo una suggestiva premessa riguardante i parallelismi tra le caratteristiche delle vibrazioni sonore e di quelle luminose (corredata da tabelle comparative di frequenze!), aveva nei suoi quadri interpretato delle note unite da legature di valore come se fossero distinte, separandone visivamente gli spazi! Oppure, nella trascrizione pittorica di una fuga a tre voci (una forma musicale dove vige il massimo equilibrio tra le parti), aveva dato ingiustamente grande risalto alla voce grave... solo perché nella partitura le restanti due erano state scritte nel rigo superiore!
Nella mia Passacaglia ho
invece cercato di rispecchiare fedelmente ciò che avviene nell’omonimo brano:
ogni Variatio, pur conservando una propria fisionomia, forma un
“tutt’uno” con le altre: Bach, con artistica sapienza, procede infatti sia
per analogia (creando delle variazioni “parallele”), sia per contrasto
(di ritmica, di contrappunto, di densità armonica...).
Questo modo imprevedibile di operare stimola continuamente l’attenzione
dell’ascoltatore, il quale non sa di preciso cosa l’aspetterà nella
variazione successiva.
E’ dunque la partitura stessa che s’incarica di dare anche all’interprete-pittore i giusti stimoli, a condizione però che quest’ultimo sia abbastanza ricettivo da coglierli (e altrettanto creativo nel saperli “tradurre” visivamente in modo originale).
Un primo, piccolo problema interpretativo mi si è posto innanzi nel modo di affrontare le variazioni della Passacaglia: adottare sempre la durata “standard” del Thema (otto battute in 3/4, di cui la prima anacrusica e l’ultima incompleta del terzo movimento) oppure adattare ogni tavola alle caratteristiche musicali proprie di ogni variazione (dal momento che diverse di esse non coincidono esattamente con la reale durata del Thema)?
Alla fine ho optato per la prima
soluzione la quale, benché meno “musicale” della seconda, presentava dal
punto di vista grafico tre vantaggi non trascurabili:
1) Eliminava un ulteriore e scomodo elemento di
“soggettività” nell’interpretazione della partitura.
2) Assicurava un principio di uniformità costruttiva a tutti
i disegni.
3) Sfruttava quelle parti che sarebbero poi diventate degli
interessanti traits d’union tra variazioni vicine.
La scelta del formato delle tavole è naturalmente caduta sul rettangolo, che meglio si adatta alle ovvie caratteristiche “temporali” di uno spartito.
La proporzione adottata (lunghezza : altezza = 3 : 2) non solo è di per sé geometricamente suggestiva, ma si è rivelata assai pratica: oltre ad utilizzare lo spazio del foglio nel modo più razionale mi ha permesso in alcuni casi (vedi Variatio IV) di costruire strutture su “moduli” a base perfettamente quadrata.
Un secondo problema si è posto nella scelta della gamma cromatica di base (riguardante la codifica altezza-colore) basata sui colori al massimo grado di saturazione e di luminosità (ed utilizzata in più di metà delle variazioni): rispettare una perfetta proporzionalità numerica anche nella distribuzione dei dodici toni (niente di più facile, a maggior ragione utilizzando un computer), oppure svincolarsi un poco dall’eccessiva rigidità dei numeri per meglio assecondare le personali preferenze coloristiche?
E’ inutile sottolineare che, in questo caso, ha avuto il sopravvento la seconda opzione: le mie conoscenze nel campo del colore (formatesi sugli studi di Itten e della sua notevole Arte del Colore) erano ormai state troppo metabolizzate per poterle ignorare... L'esperienza mi ha da tempo insegnato che in campo artistico è buona cosa sfruttare tutte le preziose indicazioni offerte dalla matematica (a patto però che queste non si trasformino in tiranniche imposizioni!).
Per ogni tavola ho naturalmente scelto il consueto (per noi occidentali) senso di lettura che procede da sinistra verso destra, e nella maggior parte dei casi vale l’equivalenza posizione “alta” = note acute, posizione “bassa” = note gravi, salvo alcune eccezioni che opportunamente segnalerò.
Per determinare infine l’inquadratura di ogni tavola (in pratica: come “tagliare in altezza” ciascuna Variatio) ho optato di volta in volta per quella soluzione che avrebbe offerto il miglior equilibrio visivo d’insieme (privilegiando comunque gli schemi di tipo simmetrico).
Come ultima considerazione di carattere generale ho voluto concludere la mia Passacaglia dove, a mio parere, realmente finisce anche quella di Bach: vale a dire al termine della ventesima Variatio, con l’unica eccezione della tavola finale del Thema fugatum (adoperato da Bach per iniziare una vera e propria Fuga la quale, dunque, non può più a rigore essere considerata una Passacaglia, benché qualche musicologo possa avere in proposito un contrario - quanto rispettabilissimo - punto di vista!).
Roberto Rampini
Parma, 23 Dicembre 1998
Potrai vedere tutte le 22 tavole dell'Opera a pieno schermo
nell'originale filmato-presentazione spiegato nella pagina PASSACAGLIA
(Video) con l'omonimo commento musicale di J.S.Bach eseguito all'organo da Roberto
Rampini e registrato dal vivo, in concerto, nella Chiesa di S.Vitale (PR) il 26 Marzo 1988.