dal libro
"Sette Brevi Novelle ben temperate"
di Roberto Rampini

 

II - L'editto del Re

 

"L'editto del Re"
(illustrazione originale di Roberto Rampini)

 

    Regale Editto del Nostro Benevolissimo e Graziosissimo Sovrano!

    Con queste solenni parole il banditore di Corte conchiuse la sua stentorea lettura, così come l'aveva principiata, arrotolando la pergamena e congedandosi dalla folla (accorsa, invero, non tanto numerosa) al suon di flagioletti, timpani e buccine.

    Il “Graziosissimo” Sovrano che aveva emanato l'Editto (e che fra poco illustreremo nei dettagli anche a voi, curiosoni che non siete altro), era il celebrato Re Johann Samuel Michael III il quale, agli occhi degli stessi “realisti” di Corte, appariva non più tanto grazioso: di lì a poco avrebbe raggiunto infatti la Veneranda Età di Dieci Lustri (vale a dire Mezzo Secolo, ovverossia 50 Anni). E poiché di Reali Acciacchi, nel corso del Suo Periodo di Illuminata Reggenza, il Sovrano ne aveva accumulati parecchi (come si conviene a un Re), e presagendo l'appropinquarsi del compimento di quello che sarebbe stato il Suo Molto Probabile Ultimo Lustro di Vita, e volendo festeggiare il Nobile Evento in modo acconcio, acciocché venisse a Lui conferito da ogni parte del Regno Maggior Lustro alla Sua nobilissima Dignità Regale, dicevamo, Johann Samuel Michael III (che d'ora in poi ossequiosamente ci permetteremo, con il Suo Grazioso Beneplacito, di nominare in modo più abbreviato, ricordando inoltre ai pazienti lettori che siamo all'interno di una novella, e per di più breve) decise di concedersi un Regale Regalo (da lasciare successivamente ai posteri), a Sua Memoria Imperitura.

    A sentire le ricorrenti dicerie di Corte Re Johann S.M. III aveva molti difetti e due pregi, anzi tre. In primis, era stato da giovane un appassionato studioso, particolarmente “versato” (come si suol dire) nelle Scienze Matematiche, prima che i Suoi Impegni Reali venissero ben presto sopraffatti da quelli Virtuali. In secondo luogo, come tanti altri Sovrani à la Page del Suo tempo (e dei reami circostanti) si dilettava di Musica. Intendiamoci: niente di trascendentale. A detta dello stesso Musico di Corte, “Sua Altezza sapeva graziosamente eseguire con il Suo Reale Monocordo (forse lo stesso appartenuto al Grande Pitagora), i più importanti tetracordi fino ad allora conosciuti”. Il paziente nonché prudentissimo Maestro non osava però aggiungere che il suo Magnifico Alunno 'realizzava' (suonando invero come un Re) le Sue Nobili melodie con una metrica sempre più zoppicante, rispecchiando fedelmente anche in campo musicale la Sua andatura, Realmente Incerta.

    Il terzo e ultimo Pregio Regale superava di Gran Lunga i due già illustrissimamente illustrati: Il Sovrano era molto generoso e, da Illuminato Mecenate, ben volentieri amava incoraggiare con soldoni “sonanti” i matematici, gli artisti (con particolare predilezione per i musici), i dotti e gli studjosi in genere: insomma tutti coloro che, ieri come oggi e in ogni tempo, si dimostravano, a Suo Serenissimo Giudizio, “ricchi di idee e di capacità ma poveri di borsa”. Che poi, nel far ciò, il Benevolissimo Sovrano realizzasse col tempo anche un Suo Preciso e Reale Tornaconto, è tutt'altro discorso (che andava comunque a giusta lode e premio della Sua Ammirevole Lungimiranza: Lunga Vita al Re!). Senza perderci adunque nei meandri di molteplici quanto inutili e baroccheggianti preziosismi letterari, dovete sapere che il nostro Munifico Protagonista aveva in soldoni promesso un Cospicuo Vitalizio (di ben 100 monete d'oro annue) a colui che, dando prova di ingegno fuor del Comune, avesse realizzato un'Opera con la quale immortalare, per tutti i secoli a venire, i Gloriosi Fasti della Casa Reale.

    Tanti volenterosi ed intrepidi partecipanti si presentarono a Corte, appartenenti alle più disparate branche dello Scibile Umano: astronomi, musici, medici, scultori… Ma più che per festeggiare il proprio Sovrano, ciascuno di essi mirava in realtà a risolvere una volta per tutte gli assillanti e quotidiani problemi di sussistenza economica, al fine di dedicarsi ai propri Studi senza più noie né distrazioni d'ordine materiale… Il Re, da Vero Esperto, ascoltava con attenzione le dotte dissertazioni di ciascuno ed esaminava accuratamente ogni singolo dono, rammaricandosi però dentro di sé che nessuno gli avesse fino a quel momento offerto una miracolosa pozione per ringiovanire o una speciale macchina per poter tornare indietro nel tempo. Diversi furono i regali, molti dei quali davvero originali, senza però che alcun presente riuscisse ad elevarsi al di sopra delle Regie Aspettative (lasciandolo il Monarca sì contento, ma non proprio Realmente Entusiasta).

    L'ultimo inventore che si presentò a Corte fu un umile monaco, un certo Silberto di Turingia, il quale, una volta resi i dovuti (e propiziatori) omaggi al Re, chiese che venisse completamente spalancato il portone della Sala, allo scopo di far entrare la sua ultima, straordinaria creazione.

    - Ecco, o Altezza, qualcosa di davvero positivo per una Persona altrettanto Positiva come Voi, un Dono che Vi strabilierà alquanto, un Organo... Positivo!

    Silberto fece cenno colla mano ai suoi aiutanti e questi, con non poca fatica, trascinarono al centro del Salone un grosso ed ingombrante armadio le cui ante, una volta aperte, rivelarono all'interno centinaia e centinaia di canne di varie dimensioni. A fianco del mobile sporgeva un discreto numero di pomelli che, simili a cassetti, potevano essere agevolmente estratti e richiusi. Al centro invece compariva una qualche decina di leve che magicamente ritornavano verso l' alto nel momento stesso in cui, dopo essere state abbassate, venivano Repentinamente Rilasciate.

    - Abbiamo già visto uno strumento del genere, nevvero? - chiese in modo formale il Re ad uno dei suoi più fidati consiglieri.

    - Certamente, Maestà: anche se di dimensioni assai inferiori, diversi esemplari di questa antica macchina greca, forse addirittura egizia, appartengono da tempo immemorabile alla Vostra Regia Collezione. Non vediamo dunque la Reale Originalità di questo oggetto.

    - Mi perdoni, o Re - intervenne con prontezza Silberto - ma le Vostre Grandi Doti di Matematico e Musico hanno varcato i confini del Regno, e a nessuno sono ignote. Ciò che ora mostrerò moltiplicherà ancor di più la Vostra Fama in tutto il mondo, così come questi specialissimi comandi da me inventati, o Re, moltiplicheranno i suoni nel mondo intero. Udite!!!

    Così dicendo Silberto ordinò ai suoi assistenti di alimentare d'aria lo strumento mediante corde dorate poste sul retro della cassa; dopodiché abbassò con la mano sinistra alcune leve (tre, per l'esattezza), ottenendo in questo modo un suono alquanto dolce e armonico, che si sparse nell'ambiente circostante come un soave profumo. Poi, lentamente, uno ad uno, con l'altra mano estrasse tutti i pomelli, che via via aumentarono la sonorità dello strumento, rendendone il suono sempre più luminoso e splendente, come se al centro della sala fosse stato acceso un grande fuoco.

    Un vivo stupore colse tutti i presenti: consiglieri, dignitari e non per ultimo il Re che si alzò (non senza fatica) dal Suo Scomodo Scranno per potersi avvicinare a contemplar meglio, con gli occhi e con le orecchie, una Tale Meraviglia.

     - Non solo, Maestà, questi Regi Registri aumenteranno Senza Misura la Vostra Gloria nel mondo, ma potranno cantare le Vostre Singole Lodi, nella più Grande Varietà di sfumature possibili e immaginabili - continuò l'Inventore mentre azionava in modo sempre diverso gli stupefacenti comandi dello strumento, ora togliendoli ora aggiungendoli, novello ed esoterico alchimista intento a miscelare con cura le proprie segretissime pozioni sonore.

    La grande magia che Silberto, dopo anni e anni di studi e di paziente lavoro era riuscito a produrre (e che ora stava offrendo addirittura al Re in persona), era una straordinaria e variegata miscela timbrica che qualitativamente oltrepassava la pura e semplice somma dei suoi singoli elementi: ingegnosa applicazione sonora degli stessi, precisi rapporti matematici su cui si fondava e reggeva l'Intero Universo allora conosciuto.

    - O Grande Pitagora! - esclamò rapito il Re, alzando le braccia verso il Cielo. - Questo è proprio il Dono che tu stesso, o Dio, volevi donarmi!! 

    

Roberto Rampini 2003 - Tutti i diritti riservati
E' vietata qualsiasi diffusione del presente Scritto

e della relativa illustrazione all'infuori di questo Sito
senza il consenso scritto dell'Autore.
Per informazioni scrivere a:
robertorampini57@gmail.com