dal libro
"Sette Brevi Novelle ben temperate"
di Roberto Rampini

 

I - Il sogno di Girolamo

 

"Il sogno di Girolamo"
(illustrazione originale di Roberto Rampini)

 

    Dopo aver "rispolverato" per l'ennesima volta il suo bel volumone, pieno zeppo di notizie curiose ma soprattutto di coloratissime illustrazioni, il piccolo Girolamo non riuscì più a tenere le palpebre aperte e, pacifico come sempre, si addormentò.

    I sogni sono praticamente indeterminabili, lo sappiamo, e quasi sempre accade che durante la notte si finisca col vivere situazioni interiori ben differenti da quelle che a livello cosciente abbiamo abbandonato… anche se in questo caso avvenne però l'esatto contrario! E poiché, da lettori-spettatori privilegiati, ci è eccezionalmente concesso di curiosare un poco nell'inconscio altrui, seguiamo senza indugi il nostro piccolo amico mentre questi, illudendosi di continuare a leggere il suo libro preferito, scivola invece nel mondo dei sogni.

    Tanto per cominciare, Girolamo incontrò di nuovo l'enigmatico Ctesibio mentre questi usciva dalla bottega paterna (fin troppo simile al locale dove il bambino veniva periodicamente portato a viva forza dalla zia per l'inevitabile quanto sommaria "tosatura").

    Lo strano nome del personaggio, per la verità non tanto diffuso ai tempi nostri (e forse neppure ai suoi), aveva catturato fin dal primo istante l'attenzione del piccolo, la cui curiosità venne ulteriormente stimolata dalla stereotipata immagine dell'ingegnere egiziano dalla barba appuntita (e con l'immancabile canna mensurale in mano).

    Girolamo credeva di sapere ormai tutto, ma proprio tutto, sull'invenzione con la quale Ctesibio "aveva suscitato la viva ammirazione dei suoi contemporanei" (i quali, con tutta probabilità, mai sospettarono lontanamente della sua esistenza: ma questa è una gratuita insinuazione di alcuni studiosi che, almeno in una novella, e per giunta breve, non ci sentiamo affatto di condividere!).

    Non solo: il piccolo voleva confidare al più presto, al celeberrimo "figlio del barbiere", tutto quanto aveva su di lui appreso, forse col segreto intento di ritagliarsi un piccolo angolino nella Storia della Musica (per Ragazzi)… magari in un'edizione successiva.

    Il bambino non riuscì però ad aprir bocca che subito l'ingegner Ctesibio lo precedette, usando stranamente la sua stessa infantile ed approssimativa sintassi:
- "Andiamo a fare un giro nel Nilo" (!).

    I due fecero appena a tempo a salire su di un quanto mai anacronistico autobus e ad oltrepassare degli incomprensibili cartelli stradali ("Alessandria" - sì, d'Egitto! - "III a.C.") che subito l'amico egiziano, seduto sulla riva del Fiume, si mise ad intagliare con notevole maestrìa (utilizzando un rudimentale ma affilatissimo coltello da barbiere) alcune canne palustri di diverso diametro e lunghezza, così come Girolamo aveva visto fare tante volte da suo zio Pierluigi, pescatore provetto (e gran giocherellone).

    Per vostra fortuna non state leggendo un trattato di fisica acustica, e quindi vi risparmieremo i dettagli costruttivi di questi misteriosi "pifferi" egizi... Commettereste tuttavia un madornale errore a considerarli parenti stretti di quei malefici flauti "dolci" con i quali i bambini dell'età di Girolamo (e oltre) amano deliziare le orecchie del loro insegnante di educazione musicale.

    Nel frattempo Ctesibio rifinì una canna e la diede al piccolo, invitandolo a soffiarci dentro più a lungo che poteva, senza mai interrompersi, quasi volesse saggiarne le capacità di resistenza.

    Girolamo raccolse diligentemente l'improba sfida, come se dall'esito di quella prova dipendesse la sopravvivenza dell'intero genere umano, anche se alla fine egli dovette per forza arrendersi (alla pari di tutti i flautisti di questo mondo), stremato e rosso come un papavero egizio: era il fatidico momento che Ctesibio stava da secoli aspettando.

    E queste furono le solenni parole ch'egli nel sogno proferì, anche se abbiamo dovuto qui "adattarle" per ovvii motivi divulgativi:

    "Tante volte, osservando il continuo scorrere delle acque del nostro Fiume, mi sono chiesto se anch'io avrei mai potuto, con qualche ingegnoso meccanismo sonoro, imitarne il moto perpetuo e incessante, in modo da suggerire agli uomini l'idea dell'immortalità. Ed è stata l'acqua stessa che mi ha concretamente aiutato a realizzare il mio proposito".

    Così parlando, lo sguardo acuto di Ctesibio si volse verso una gigantesca piramide che stava alle loro spalle (non dimenticatevi che siamo in Egitto), nella quale i due entrarono solleciti attraverso un'angusta apertura.

    L'interno della piramide era, viceversa, quanto di meno egizio un egittologo potesse aspettarsi: una cattedrale, naturalmente gotica, che sfoggiava sul portone d'ingresso un organo a canne a dir poco favoloso, simile a quelli che la maggioranza di noi poveri mortali sgolosa sulle copertine dei dischi o che, in economica alternativa, se li può soltanto sognare (come, per l'appunto, stava facendo lo stesso Girolamo).

    L'organo di Ctesibio era così bello e così ricco di particolari che il bambino non sapeva proprio in quale punto fermare lo sguardo, friggendo dalla voglia di mettere le mani (e anche i piedi) su quel meraviglioso strumento, benché non riuscisse a decidere quale dei suoi "12 pezzi facili per principianti" avrebbe suonato per primo (forse non lo sapete, ma al nostro "musicista in erba" avevano infatti regalato per S. Cecilia, oltre al suddetto libro, un fascicoletto musicale e una graziosa pianolina giocattolo con - udite udite! - "l'ottava corta"...).

    Con sua grande sorpresa Girolamo venne distolto dall'imbarazzante scelta a causa di un fatto davvero singolare e inaspettato: dal portone entrò infatti una folta e rumorosa comitiva, formata da personaggi (molto eterogenei, a guardarli bene) che il bambino, pur sbalordito, non faticò a individuare, abbinando ciascuno di essi alla relativa pagina.

    Quello coi baffetti e l'aria furbina era proprio Frescobaldi (pag. 7)! E come non riconoscere quell'arcigno parruccone di Haendel? Anche il complicato e improbabile "Buxtehude", per la verità, non era di certo meglio, ma se un illustre suo contemporaneo aveva percorso 350 chilometri a piedi per andarlo ad ascoltare, ciò significava che almeno dal punto di vista musicale il soggetto non era proprio da buttare!

    Nella comitiva non poteva certamente mancare il genialissimo Mozart (il quale, se si fosse dedicato un po' di più all'organo, chissà.... forse sarebbe campato anche più a lungo...).

    C'era pure quel giovanotto dall'aria fine e palliduccia (che nella Storia della Musica poteva parimenti vantare i suoi bravi meriti), dal nome così lungo che Girolamo "ce l'aveva proprio sulla punta della lingua"; poi quell'antipatico di Franck, col suo caratteristico e indisponente "nasino alla francese", sempre intento a tirare dei pomelli.

    E tanti, tanti altri individui più o meno illustri, che nella loro vita avevano comunque avuto un qualche significativo rapporto con l'organo (compreso, se permettete, l'autore della presente novella!). Chiudeva naturalmente la fila (e ciò non era dovuto certo al caso) il sommo Bach (1685-1750, pag. 55).

    Ora però è davvero giunto il momento di lasciare Girolamo alle sue sfrenate fantasie oniriche, prima che il suo sogno musicale si mescoli con altre storie che a noi… proprio non interessano!

    Ci preme soltanto sottolineare un importante concetto: il reale o fantomatico Ctesibio che dir si voglia, da bravo ingegnere idraulico qual era, aveva semplicemente(!) gettato nei solchi della Storia un piccolissimo seme sonoro che diversi secoli più tardi sarebbe giunto, attraverso una lunghissima serie di perfezionamenti, a completa maturazione: vale a dire un mantice azionato dalla pressione dell'acqua che avrebbe potuto far risuonare (teoricamente) all'infinito una o più canne sonore, sostituendosi al fiato del musicista.

    L'acqua usata dal primitivo ma genialissimo hydraulos scomparve (già, son tutti capaci - più o meno - di far "crescere" le idee: il difficile è partorirle!), ma restò immutato il principio di funzionamento di quello che molto, ma molto tempo dopo, verrà riconosciuto da tutti gli altri strumenti musicali quale indiscusso "re".

   

    

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